Fonte: http://www.turkishreview.org/tr/newsDetail_getNewsById.action?newsId=223077
La costante crescita economica, culturale ed in politica estera della Turchia offre la possibilità di sviluppare una “politica di zero problemi con i vicini” efficace e durevole così come la promessa di sviluppi economici reciprocamente vantaggiosi, sostenibili ed estesi in tutto il mondo, che potenzialmente potrebbero cambiare la cultura del capitalismo. Quindi si può offrire un nuovo paradigma al vecchio mondo come a paesi del terzo mondo che cercano giustizia, benessere ed uguaglianza.
Una struttura di interconnessione globale dell’economia, il sistema e la cultura del capitalismo, e l’ interdipendenza tecnologica hanno preso il comando della società. I principi e i presupposti dell’ideologia dell’emergente cultura capitalista – conosciuta anche come economia neoclassica, neoliberista e libertaria o capitalismo di mercato o liberalismo di mercato – prevedono le privatizzazioni, che spostano funzioni e beni dai governi al settore privato, migliorando l’efficienza dei mercati liberi; essa, però, è priva di controllo da parte del governo, ed è generalmente il risultato di una ripartizione più efficiente e socialmente ottimale delle risorse, in quanto la responsabilità primaria del governo è di fornire infrastrutture e far rispettare lo stato di diritto. Ma in questa autoregolamentazione non c’è nessuno che controlli o che affermi di essere responsabile di illeciti o che rivendichi il controllo nel caso di catastrofi culturali, economiche o politiche. Né i paesi sviluppati dell’Occidente né i paesi del terzo mondo stanno fornendo una soluzione sostenibile a questi problemi. Quali sono gli elementi dei problemi globali chiamati “catastrofe”? E ‘una mancanza di comprensione reciproca, povertà e polarizzazione culturale? Nel 2008, Richard H. Robbins ha affermato nel suo libro “Problemi globali e cultura del capitalismo”, che dagli anni ‘90, le multinazionali stanno indebolendo gli Stati nazionali artificialmente creati nel 20° secolo. Robbins ha ricordato ai suoi lettori che la creazione degli stati nazionali è stata all’origine delle ideologie del fascismo, nazionalismo, imperialismo e colonialismo, che in totale hanno causato 170 milioni morti e numerose violazioni dei diritti umani durante il 20° secolo. Tuttavia, le economie mondiali emergenti come Cina, India, Turchia e Brasile hanno invitato il capitale delle multinazionali nelle loro economie per soddisfare i loro obiettivi di crescita economica, rafforzando così la superiorità culturale, economica, militare e politica degli Stati Uniti in paesi periferici.
La costante crescita economica, culturale ed in politica estera della Turchia offre la possibilità di sviluppare una “politica di zero problemi con i vicini” efficace e durevole, così come la promessa di sviluppi economici reciprocamente vantaggiosi sostenibili e diffusi in tutto il mondo, che potenzialmente potrebbero cambiare la cultura del capitalismo.
La “politica turca di zero problemi con i vicini”
Il politologo George Friedman ha affermato nel suo “I prossimi 100 anni: una previsione per il 21 ° secolo” che “così come cresce il potere della Turchia - la sua economia e il suo esercito sono già i più potenti nella regione – così crescerà l’influenza turca come unico mediatore nel mondo islamico che possa portare la pace in Medio Oriente”. Si tratta di una previsione corretta? In realtà, la Turchia risente ancora molto del pensiero di Mustafà Kemal Atatürk, che voleva uno stato moderno, filo-occidentale e laico, che evitasse avventure all’estero o rivendicazioni territoriali. Ciò a cui Atatürk mirava era un paese unito, incentrato sul popolo turco e uno stato unitario e fortemente centralizzato.
La Repubblica turca bandì l’Islam dalla vita pubblica e cambiò il precedente alfabeto arabo con quello latino negli anni ‘20. Fino agli anni ‘90 i turchi si comportavano come inquilini che hanno difficoltà con tutti i loro vicini. Oggi, invece, la Turchia può vantare buoni rapporti con quasi tutti i paesi circostanti della regione – con la sola eccezione dell’Armenia. I musulmani turchi hanno democratizzato una dottrina dello stato rigida, nazionalista, giacobina e laicista, trasformandola in un laicismo in stile britannico, soft, anti-autoritario e libero dall’oppressione, che offre una netta separazione tra religione e stato. Sul fronte interno, la Turchia ha formulato soluzioni contro il mortale separatismo curdo. Ankara ha cercato di normalizzare le relazioni con la sua stessa popolazione curda di circa 14 milioni; uno dei primi passi è stato quello di riconoscere i diritti linguistici e culturali dei curdi che vivono in Turchia.
Naturalmente c’è chi non è d’accordo con questo quadro ottimistico sul futuro della Turchia. Infatti c’è chi percepisce la posizione della Turchia ancora come quella di un fantoccio dell’Occidente, e ritiene che il governo del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) abbia venduto il paese alle multinazionali. Ma i fatti dicono il contrario. La Turchia è già un astro nascente della regione.
Il prof. Ahmet Davutoğlu, ministro degli esteri della Turchia dal maggio 2009 e primo consigliere politico del primo ministro Recep Tayyip Erdoğan dal novembre 2002, ha scritto un libro sulla politica estera, dal titolo “Profondità Strategica“, quando era professore universitario. L’opera proponeva una visione di “zero problemi con i vicini” oltre a creare nuove relazioni con loro. In questo libro Davutoğlu ha reinterpretato la missione e gli interessi della Turchia in tutto il mondo in chiave di mediatore e pacificatore globale. Ekrem Eddy Güzeldere nel ha analizzato il pensiero di Davutoğlu nel Centro di Analisi Politica per la ricerca politica applicata (PAC) con il suo articolo “Politica Estera turca: Da ‘circondato da nemici’ a ‘Zero Problemi'”. Nel suo articolo Güzeldere, ha affermato che la posizione geografica, storica e geostrategica della Turchia, ha offerto e richiesto una politica estera lungimirante, proattiva, innovativa e sostanzialmente poliedrica. Egli afferma che la nuova politica estera turca sia per la prima volta indipendente dagli Stati Uniti e dalla UE. In realtà, la visione della “profondità strategica” e della “politica di zero problemi con i vicini” fornisce molte piattaforme di dialogo e rappresenta un passo verso la soluzione dei conflitti regionali, al servizio degli interessi economici di tutti i partecipanti.
Un esempio è la resistenza della Turchia ad applicare sanzioni internazionali contro l’Iran a causa del suo programma nucleare. La Turchia si era opposta alle sanzioni ed ha lottato per i propri interessi economici contro Stati Uniti e Israele. L’area orientale della Turchia e la sua popolazione dipendono dai miliardi di dollari provenienti dall’economia informale tra Iran e Turchia. Questo commercio non può essere compromesso. Inoltre, quasi la metà della popolazione iraniana è di origine turca, e la Turchia ha sia la responsabilità morale che etnica di proteggerli. La Turchia acquista risorse energetiche dall’Iran che soddisfano i bisogni fondamentali per la sua crescita economica. Haroon Siddiqui ha analizzato il tema caldo dell’Iran in modo diverso, affermando che “la Turchia condivide le paure americane, israeliane ed arabe sulle ambizioni nucleari di Teheran, ma sente che sanzioni economiche multilaterali non funzionerebbero, proprio come le sanzioni unilaterali americane non hanno funzionato negli ultimi 31 anni.” Gli interessi politici ed economici vanno sempre di pari passo; i loro legami dovrebbero essere reciprocamente vantaggiosi per entrambe le parti; un interesse unilaterale è visto come coloniale e imperialista. La Turchia offre al mondo un nuovo modello di sviluppo economico reciprocamente vantaggioso.
Modello di sviluppo economico reciprocamente vantaggioso
La Turchia è una nazione di 73 milioni di abitanti ed ha il secondo esercito più grande della Nato dopo gli Stati Uniti. La sua economia era in piena espansione al 6/7 per cento all’anno fino alla crisi finanziaria globale nel 2008 ed è tornata in pista con l’8.9 per cento di crescita nel 2010. Ha la diciassettesima economia più grande del mondo, la settima più grande in Europa e la più grande del mondo musulmano in termini di PIL annuo: circa 700 miliardi di dollari contro i mille miliardi del Canada. La recente recessione economica non ha avuto un impatto significativo sull’economia formale turca grazie ad un sistema bancario ben strutturato e controllato stabilito sulla scia delle crisi bancarie del 2000 e del 2001 (con l’aiuto di un accordo con il Fondo Monetario Internazionale, FMI, come nel caso di molti paesi in via di sviluppo), mentre il governo possiede ancora un terzo del settore pubblico, nonostante gli sforzi di privatizzazione a partire dagli anni ‘90.
La Turchia ha respinto le proposte del FMI e prestiti per miliardi di dollari offerti sin dal 2008 nell’ambito del programma di adeguamento strutturale. Questa decisione dimostra che il sistema bancario turco sta migliorando. Zeynep Önder e Süheyla Özyıldırım della Bilkent University hanno studiato il ruolo che le istituzioni finanziarie, sia banche statali che private, hanno nella crescita regionale; la loro importanza, il loro impatto sulla crescita finanziaria della Turchia come modello di mobilità per l’economia nazionale, e la ridotta diseguaglianza economica tra le regioni che esse generano. Anche se positivo, il loro studio ha concluso che sono necessari maggiori investimenti pubblici.
Le esportazioni turche sono aumentate di cinque volte dal 2002, grazie alla creazione di un nuovo rapporto economico tra la Turchia e il mondo musulmano, in particolare gli arabi. Beni di consumo esclusivi a buon mercato “Made in Turkey” hanno conquistato i mercati arabi, asiatici e africani: da jeans e biscotti a televisori e frigoriferi, che hanno contribuito a rimuovere l’immagine del “Turco Brutto”. Tuttavia, fino al 2002 i canali di notizie arabi difficilmente parlavano della Turchia e quando lo facevano era solo per denigrare i rapporti di Ankara con Israele. Oggi, quasi ogni giorno, le stazioni arabe danno ai loro spettatori gli aggiornamenti sulle ultime riforme politiche di Ankara e la crescita economica di Istanbul. Come Siddiqui ha sottolineato nel suo articolo, “la Turchia sta anche allungando le sua braccia verso l’Africa per aumentare il suo commercio di 10 miliardi di dollari all’anno con il continente. (Tutti i paesi africani, eccetto uno, hanno votato per l’adesione turca al Consiglio di sicurezza dell’ONU lo scorso anno).”
Nell’ultimo decennio la Turchia ha attirato miliardi di dollari di investimenti stranieri provenienti da ogni continente e dalle multinazionali. Questi investimenti esteri, senza precedenti, su vasta scala ed il loro successo sono dovuti non solo alle politiche economiche, ma anche ad una politica estera implementata con successo ed ad un modello di sviluppo economico reciprocamente vantaggioso.
Alla scoperta del trauma curdo
Gli stati nazionali e le potenze egemoniche mondiali hanno globalizzato la cultura del capitalismo ed hanno cancellato le reali memorie sociali di molte nazioni e comunità etniche. La storia è diventata un costrutto sociale e molte nazioni e storie nazionali ufficiali sono creazioni immaginarie, progettate per fossilizzare il passato e bloccare la nostra comprensione della verità storica per il bene della continuità sociale. La verità è imposta dalla società, la storia è un falso ed una lettura selettiva degli eventi passati.
Ma le nuove tecnologie della comunicazione consentono la riscoperta del passato. E’ ricordato con una intensità senza precedenti. Nel caso turco, i curdi stanno beneficiando di questo nuovo paradigma, che offre molteplici voci invocando uno spazio di discussione nella sfera pubblica, negando una falsa continuità nella narrazione ufficiale. La Turchia è riuscita ad adattarsi a questo nuovo paradigma ricostruendo il suo stesso futuro in un modo più democratico e più forte. Questo paradigma ripara i danni, permettendo ai curdi di partecipare alla vita politica, economica e culturale.
In conclusione, la Turchia offre un nuovo paradigma al Vecchio Mondo (la civiltà occidentale) che potrebbe sfidare il futuro poiché i paesi del terzo mondo cercano giustizia, benessere ed uguaglianza attraverso il modello turco di “zero problemi con i vicini” e mediante un “modello di sviluppo economico reciprocamente vantaggioso” .
Traduzione di Antonio d’Addio