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Geopolitica per la liberazione

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Fonte: http://licpereyramele.blogspot.com/2011/07/geopolitica-para-la-liberacion.html

La lettura geopolitica che Perón dà circa la relazioni di potere sorte dalla sconfitta di Germania e Giappone e dal dopoguerra costituisce un punto cardine del pensiero politico latinoamericano e terzomondista riconosciuto non solo dagli intellettuali di partito, ma anche dai suoi critici a livello internazionale.

L’artefice del giustizialismo avverte, con una velocità e una precisione profetica, che gli accordi di Jalta, mostrati positivamente al mondo come il momento della creazione di una pace durevole, contenevano e nascondevano gli schemi geopolitici di un consenso volto al dominio. Tale struttura, costruita dagli alleati per la pacificazione mondiale tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, i grandi vincitori della Seconda Guerra Mondiale, proiettava i futuri scontri bellici della dicotomia tra l’ “internazionalismo liberale“, con a capo i nordamericani, e il “socialismo internazionalista“, comandato dalla Russia di Stalin, all’interno di un ordine dove ogni polo si assicurava mutuamente la ripartizione del pianeta in due blocchi in cui era lecito esercitare il controllo.

Il nuovo ordine mondiale del dopoguerra implicava, come conseguenza, un cambio di epoca e delle complesse relazioni di potere di difficile interpretazione per quei paesi periferici, e, ancor di più, per quelle nazioni che avevano mantenuto la neutralità durante il conflitto, come nel caso dell’Argentina.

Perón concepisce dunque una geopolitica per la liberazione di quei popoli che si volevano subordinare a uno dei due nuovi imperialismi che, tre o quattro anni più tardi, avrebbero traghettato da una pace durevole alla Guerra Fredda. Guerra che, come segnalava il leader argentino, sarà fredda tra loro – ovvero, i loro territori non saranno teatro di violenze o bombardamenti – ma sarà “calda” per i popoli del Terzo Mondo, vero i quali verrà diretta la geopolitica del dominio dei due grandi internazionalismi postbellici.

Nelle elezioni generali del 1946 Perón mette in guardia sul fatto che quell’Unione Democratica (cui si opponeva con un nuovo movimento storico) nella quale si trovavano spalla a spalla i radicali, i comunisti e l’ambasciatore degli Stati Uniti, era un’alleanza senza futuro politico nell’ottica di elezioni future.

La Terza Via geopolitica, che trovava fondamento in un “tercerismo” filosofico di fronte agli internazionalismi in lotta ideologica, era già stata presentata più e più volte da Perón nei suoi discorsi del 1944. Nell’assumere questa posizione teorica e una dimensione strategica pratica, per di più internazionale se inserita all’interno dei giochi di potere del dopoguerra, Perón presenta, con la sua unità di pensiero e azione, una sfida chiara ai nuovi poteri mondiali.

Sebbene si collocasse nel quadrante dominato dagli Stati Uniti, la Terza via geopolitica scuoteva l’intero ordine globale. L’unico esempio simile, ubicato nell’altro blocco del mondo, era la Jugoslavia del Maresciallo Tito. A tal proposito, venne fuori una conversazione tra Stalin e Churchill. Al primo che afferma: “Se Perón stesse nel mio settore di competenza, saprei come punire sia lui che quelli che lo seguono“, Churchill risponde “Se avessi Tito e i suoi seguaci nel mio, anch’io saprei come fargli pagar cara la sua disobbedienza al nuovo ordine“.

Gli anni successivi al dopoguerra videro intensi processi di decolonizzazione di ogni tipo, soprattutto in Asia e Africa. I leader popolari di quei processi cominciarono a parlare con passione del nuovo paradigma insito nella Terza Via mostrata dall’artefice del giustizialismo: “non allinearsi” né con l’imperialismo nordamericano, né con l’imperialismo sovietico.

Nel 1955 si tiene la Conferenza di Bandung ,convocata dal presidente indonesiano Sukarno. In quel luogo dozzine di paesi asiatici e africani abbracciano una politica indipendente dalle “potenze dei bianchi“. E’ la riunione dei leader conosciuta come “la conferenza della negritudine“. Solo due leader “bianchi” sono invitati a participare, uno è Perón che non può partecipare perchè preoccupato seriamente dalla controrivoluzione civico-militare già in marcia. Tuttavia, manda una dichiarazione di adesione accolta da un’ovazione dei presenti.

 

Quando finisce la conferenza Sukarno annuncia “che i popoli lì riuniti prendono l’impegno di mantenersi non allineati e neutrali nella guerra per il dominio imperialista del mondo “.

Pochi anni dopo, a Belgrado, si forma, con un carattere ormai più militante, il Movimento dei Paesi Non Allineati, in cui si ritrovano l’India di Nehru, l’alleanza dei paesi arabi di Nasser e la Cina di Mao, che ha abbandonato il blocco sovietico. Se Perón non fosse stato destituito dalla vergognosa controrivoluzione chiamata ironicamente “liberatrice”, la sede di quella riunione centrale per la geopolitica mondiale avrebbe potuto essere Buenos Aires.

Davanti a un nuovo anniversario della morte di Perón, sembra doveroso trasmettere alle nuove generazioni il messaggio che il leader giustizialista non è stato solo un importante leader popolare, ma anche il più importante pensatore politico argentino del Ventesimo secolo, quello che, senza ombra di dubbio, ha avuto maggior peso a livello mondiale. È difficile trovare un manuale di politica, non importa in quale lingua esso sia stato scritto, dove non si faccia menzione del suo ruolo nella storia e del suo pensiero.

(Trad. di F. Saverio Angiò)


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