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Le Relazioni tra l’Iran e l’Egitto post-Mubarak

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Le relazioni tra due paesi con una posizione strategica come Iran ed Egitto nel vicino oriente sono state sempre altalenanti. Negli ultimi tre decenni i due paesi hanno mantenuto una distanza politica che arrivò al suo apice con l’assassinio del presidente egiziano Anwar Sadat, per mano di Khalid Islambouli nel 1981. Gli accordi di Camp David firmati dal paese africano con Israele per i quali l’islamista Islambouli si è vendicato portando al termine l’uccisione del presidente, erano già una delle motivazioni della divisione politica e ideologica tra i due paesi. Precedentemente, nel 1979 il governo dell’Egitto concesse l’asilo politico a Mohammad Reza Pahlavi, lo Shah appena deposto dalla revoluzione islamica. Considerando questi antefatti si può immaginare l’importanza della ripresa dei rapporti tra Iran ed Egitto; i conflitti e le ostilità hanno continuato il loro corso fino alla caduta del rais, Hosni Mubarak, che ha consegnato le sue dimissioni l’11 febbraio del 2011. Si potrebbe parlare forse di un unico tentativo d’avvicinamento di questi due paesi nel febbraio 2008; allora ministro degli Esteri iraniano Manouchehr Mottaki, durante una visita al Cairo dichiarò che Iran ed Egitto erano sul punto di riprendere i legami politici, ma la situazione percepitò nel dicembre dello stesso anno quando il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad accusò il governo di Mubarak di essere complice di crimini di Gaza.

Nabil Arabi il nuovo ministro degli esteri dell’Egitto, il 30 marzo, un mese dopo la caduta del rais ha dichiarato che il paese è pronto per espandere i rapporti con l’Iran anche se questa apertura verso il paese del golfo persico non giova ai due alleati politici,Israele e Stati Uniti, “egiziani ed iraniani meritano di avere le relazioni reciproche che riflettano la loro storia e civiltà: l’Egitto non considera l’Iran come un paese nemico” ha precisato il ministro egiziano . Queste dichiarazioni vengono fatte mentre le navi militari iraniane passano dopo 30 anni attraverso il canale di Suez. Intanto Tehran risponde con entusiasmo alle affermazioni del portavoce del Ministero degli esteri egiziano Mehna Bakhum, annunciando che presto verrà nominato il suo primo ambascitore al Cairo.

Questa ripresa dei rapportori politici tra Iran ed Egitto è un motivo di preoccupazione per Israele, che ritiene che Tehran possa usare la sua influenza per cambiare l’opinione pubblica per opporsi a Israele e usare il territorio egiziano come base di spionaggio. La maggiore preoccupazione d’Israele ad ogni modo sembra essere un possibile attacco militare contro le installazioni nucleari iraniane. Ipotizzando un miglioramento radicale nei rapporti politici tra i due paesi, Israele teme che l’Iran possa usare a sua volta il territorio egiziano per attaccare gli obiettivi israeliani.

Mentre i due paesi si scambiano ambasciatori, l’occidente si interroga sulle conseguenze di questo rapporto rimasto congelato per anni che sta riconsolidandosi in un momento che coincide con una ripresa di coscenza politica da parte dei paesi arabi: quale potrebbe essere la conseguenza di questa riconciliazione ora non è prevedibile.
Iran ed Egitto sono due paesi con forze armate considerevoli e rappresentano entrambi il popolo musulmano; il primo il caposaldo sciita e il regime degli Ayatollah e il secondo la parte sunnita e più moderata.

C’è già chi afferma che il governo attuale d’Egitto probabilmente è più islamico di quello di Mubarak e che questo fattore avrebbe portato ad una nuova apertura ed a una ripresa di rapporti politici verso l’Iran, relazione che per anni dopo il trattato di pace di Camp David tra Egitto ed Israele si era interrotta.

Il rapporto tra Egitto ed Israele si incrina di più quando il paese islamico a maggio del 2011 raddoppia il prezzo della fornitura della gas naturale; non è certo che questa sia stata una conseguenza della ripresa dei rapporti tra Iran ed Egitto, ma di certo potrebbe essere letta come un’altra provocazione fatta da parte di quest’ultimo nei confronti di Israele che prima della caduta del rais poteva contare su un alleato fidato nel caso di un conflitto con l’Iran. Non è ormai mistero che da anni Tehran sostiene i diversi gruppi “d’opposizione islamica”, fornendo armi ed appoggi economici.

In questo clima di incertezza, il governo transitorio egiziano dopo tre mesi dal cambiamento radicale susseguito dalle manifestazioni ed opposizioni contro il vecchio regime ora si trova a dover attuare una nuova strategia politica-economica con i paesi esteri, fatto questo che potrebbe cambiare completamente lo scenario della regione.

Sajjadi Parisa Sadat è dottoressa presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università dell’Aquila.


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